mercoledì 9 dicembre 2020
Io scrivo: come sono arrivato a Camminando versoi l'Oceano
Ho scritto storie fin dalle scuole elementari e alle scuole medie ne incominciai a scrivere altre ancora più mature. Mi piaceva farlo, lo sentivo mio e mi veniva facile. Ad affinare questa mia predisposizione, credo abbiano contribuito molto i miei genitori che fin dalla culla mi leggevano e narravano storie o mi facevano ascoltare i 45 giri delle fiabe.
Mia mamma, maestra, mi insegnava a parlare e poi a scrivere un italiano corretto. Mi ricordo quando mi spiegava, nel modo più semplice possibile, le regole della grammatica e della sintassi, di quando mi faceva coniugare i verbi ed esaltava l’uso e la poeticità del congiuntivo.
Poi ho avuto in regalo i primi romanzi: Ventimila leghe sotto i mari, Il Giro del Mondo in Ottanta Giorni, Robinson, Sandokan e tanti altri. Li divorai. Fino ad arrivare alla pubblicazione dei miei primi racconti e del mio primo romanzo, opere “immature” che sono state necessarie alla scrittura di Camminando verso l’Oceano.
Tutto questo mi ha permesso di scrivere anche i temi con uno stile originale (mai copiato un tema), spesso apprezzato dagli insegnanti altre volte meno. Leggo mediamente due o tre ore al giorno, e scrivo tanto ma lo faccio solo quando mi sento ispirato: posso stare giorni senza scrivere e giorni in cui lo faccio per ore. Pubblico solo il 20 – 30 per cento di quello che scrivo, il resto lo lascio per me, non lo ritengo pronto o adatto alla pubblicazione.
Credo che per uno scrittore la lettura e la scrittura siano l’unica forma di allenamento e di perfezionamento, come tanti scrittori, non credo nei corsi di scrittura creativa e manuali – mi annoiano -, penso siano solo un’operazione commerciale. Certo, qualcosina ti lasciano sia in termini di esperienza che conoscenza ma meglio impiegare quel tempo per leggere.
La prima stesura di un mio scritto la faccio di getto, poi se decido di pubblicare leggo e rileggo e faccio tanti tagli e limature. Tolgo le cose inutili, i concetti ripetuti, sostituisco qualche termine con sinonimi che suonano meglio. E quando penso che l’opera sia pronta la faccio leggere a 4 – 5 persone, e poi alla mia editor, prima di pubblicare. Questo processo è importante perché la lettura di uno che non ha scritto il testo ti può far individuare dei buchi che lo scrittore non vede anche se legge quel testo cento volte. Ad esempio lo scrittore può scrivere “Anna uscì di casa indossando il suo bel maglione azzurro e incontrò il suo amico Giacomo che le disse: ‘Anna che bel maglione rosso!’ ”. C’è un errore è evidente: il colore del maglione (a meno che non si giustifichi la situazione con qualcosa). Cose così semplici, ovvio sono gli errori più frequenti, chi scrive spesso non li vede. Nei migliori film, ci sono errori simili: soldati romani che portano al polso un orologio del XIX secolo, segnali autostradali che compaiono in produzioni ambientate quando le auto neppure esistevano.
Insomma la scrittura è arte ed è un mondo fantastico.